Nel dicembre 2008 il Parlamento Europeo ha approvato il pacchetto clima-energia “20-20-20”, fissando come obiettivi, entro il 2020, la riduzione del 20% delle emissioni di gas serra, l’aumento al 20% della quota di energia prodotta da fonti rinnovabili, e l’aumento del 20% dell’efficienza energetica. Rispetto a questi obiettivi, una recente indagine della Commissione Europea ha portato l’efficienza energetica al primo posto nell’agenda dei legislatori europei. Secondo tale indagine infatti, mantenendo gli attuali sforzi, se gli obiettivi per la riduzione dei gas serra e l’aumento della produzione da fonti rinnovabili appaiono ampiamente raggiungibili, non si può dire altrettanto per la riduzione dei consumi, dove sarà difficile superare anche solo un 10% di risparmio. Risulta quindi evidente che i futuri sforzi e risorse andranno concentrati in questa direzione, cercando di evitare gli eccessi e le distorsioni generati, almeno in Italia, dalle politiche di incentivazione delle fonti rinnovabili.
Guardando alla ripartizione dei consumi, è evidente l’importanza del comparto industriale, che copre, secondo l’ultima stima (settembre 2011) del Dipartimento dell’Energia statunitense, più del 55% dell’energia effettivamente consumata dalle diverse attività (industriale, residenziale, trasporti). Se però si osserva più nel dettaglio, il comparto industriale è tutt’altro che omogeneo, ed è dunque importante per imprese e legislatori non considerarlo come tale.
Da un lato, nonostante gli sforzi per l’efficienza energetica siano stati condotti in maniera un po’ miope quasi esclusivamente verso settori particolarmente energivori, circa il 40% dei consumi è coperto da aziende che usano poco (e purtroppo spesso in maniera non ottimale) l’energia.
Dall’altro, le politiche per l’efficienza energetica sono state quasi esclusivamente rivolte a grossi gruppi industriali, trascurando le Piccole e Medie Imprese (PMI), che spesso costituiscono la struttura portante dell’economia di un territorio, coprono una quota maggioritaria dei consumi (secondo recenti rielaborazioni di dati ISTAT, più del 60%) e sono spesso meno (energeticamente) efficienti delle grandi imprese. Infatti, secondo un recente studio dell’Osservatorio delle PMI della Commissione Europea, il quadro dell’efficienza energetica è disarmante: circa due terzi delle PMI (63%) europee non adottano neanche semplici pratiche o dispositivi per monitorare e ridurre i consumi; meno di 3 su 10 “fanno qualcosa”, e solo il 4% di esse ha adottato un sistema integrato per la gestione dell’energia e il miglioramento dell’efficienza energetica. La situazione per quanto riguarda l’Italia è forse ancora più sconfortante.
Alcune iniziative di intervento per migliorare l’efficienza energetica
Affinché l’efficienza energetica venga promossa diventa pertanto cruciale mostrare alle imprese quali siano le aree critiche dove è possibile e necessario intervenire, caratterizzando le migliori pratiche per l’efficienza energetica e le problematiche alla loro adozione. In questa direzione negli ultimi anni sono stati promossi una serie di progetti, in collaborazione con un gruppo di ricerca del Politecnico di Milano, dalle Camere di Commercio, tra cui quella di Lecco, e dalla Regione Lombardia, con il supporto scientifico di CESTEC (Centro per lo Sviluppo Tecnologico, l’Energia e la Competitività della Regione Lombardia). Tali progetti si sono focalizzati su più di cinquecento imprese lombarde, cercando di capire da un lato quali fossero le aree di consumo più critiche, dall’altro quali fossero le “barriere” in cui incorrono le imprese nel fare efficienza energetica.
L’indagine ha permesso di notare come spesso nelle aziende vi sia necessità non solo di interventi di innovazione tecnologica, con sostituzione di macchinari o componenti di essi, ma anche di interventi molto semplici, banali, volti al ripristino delle condizioni operative e all’ottimizzazione dei parametri d’uso dei macchinari stessi. A titolo di esempio, nel servizio di generazione e distribuzione dell’aria compressa, trasversale e presente in un gran numero di imprese, capita spesso di trovare aziende con perdite di carico nei condotti, o aziende in cui la pressione di mandata è sensibilmente superiore al necessario, provocando di conseguenza sprechi energetici e monetari. Si tratta di interventi piccoli, a volta addirittura semplici “buone pratiche”, ciascuno dei quali però porta sicuramente una riduzione degli sprechi, e pertanto un vantaggio economico ed ambientale per l’azienda e per tutta la collettività. Di conseguenza, risulta evidente che politiche veramente efficaci per la promozione dell’efficienza energetica non possano prescindere dall’agire in modo capillare alla diffusione di queste semplici informazioni.
Gli ostacoli all’efficienza energetica
Tali politiche però non risulteranno efficaci se non verranno indirizzate ad abbattere le barriere che al momento ostacolano la diffusione dell’efficienza energetica. In particolare è stato possibile evidenziare come, se da un lato vi è una generale percezione (ma, purtroppo, giustificata) di mancanza di capitale e fondi, data la difficile crisi economica che sta colpendo l’Italia, dall’altro, nei fatti, c’è scarsa attenzione e bassa priorità da parte dei responsabili delle attività industriali e degli investimenti verso tale tema. I sintomi di questa mancanza di interesse? I consumi non vengono di fatto accuratamente monitorati, non vengono installati dispositivi per il controllo, e non si considerano, al momento dell’acquisto, i costi sulla durata della tecnologia, ma quasi esclusivamente i suoi costi di acquisto.
Da questa indagine emergono quindi alcuni spunti di particolare interesse: innanzitutto la necessità, da parte dei legislatori, di sbloccare risorse da devolvere alle imprese (ed in particolare, alle PMI) per aumentare l’efficienza energetica. In seconda battuta, il ruolo di tutte le strutture che fanno da collettore tra gli enti di governo del territorio e le imprese: attraverso giornate a tema, convegni, seminari, progetti, è di fondamentale importanza ricollocare l’efficienza energetica tra le priorità delle imprese, in quanto capace di portare benefici non solo diretti in termini di riduzione dei consumi, ma anche in termini di produttività, di miglior controllo delle attività industriali, miglior qualità di prodotto e di processo, migliori condizioni di lavoro. In buona sintesi, maggior competitività delle imprese.
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