Ovvero, sono meglio i project bond, o i fondi di investimento che entrano nella gestione del rischio industriale?
Tra i 40 e i 45 miliardi di risorse private possono essere mobilitate dai project bond verso le grandi opere. E’ la previsione (forse troppo ottimistica) del ministro dello sviluppo economico Corrado Passera nel presentare i contenuti del decreto Sviluppo approvato ieri dal Consiglio dei ministri. Sui project bond (italiani e soprattutto europei) ci sono molte aspettative. Forse troppe. In un articolo apparso sul Sole di venerdì il viceministro Ciaccia annuncia le decisioni del decreto Sviluppo in materia di project bond, e illustra le considerazioni della Bei, emerse giovedì in un convegno organizzato dalla Bocconi e da Centrobanca. E’ qui il punto di vista della Banca europea degli investimenti (Bei) che con la Commissione Ue sta lavorando alla “Project bond initiative”: come ha spiegato il vicepresidente, Dario Scannapieco, questo nuovo strumento dovrebbe fungere da volano per mobilitare le risorse necessarie a realizzare nuove opere. Non solo le reti digitali, di energia e di trasporto europee previste dalla strategia Europa 2020, ma anche infrastrutture nazionali. Solo per le reti europee il fabbisogno tra il 2014 e il 2020 sfiora i mille miliardi di euro. «I project bond – ha messo in guardia Scannapieco – sono solo una modalità di finanziamento. Servono prima di tutto progetti di qualità, strutturati in modo da attrarre investitori istituzionali e regole certe». Il settore che più si presta, in Italia, è quello energetico, grazie anche al lavoro dell’Authority dell’energia.
Ma quali sono i veri nodi che frenano i progetti di riqualificazione energetica attraverso il finanziamento tramite terzi? Quali sono i motivi per i quali le amministrazioni pubbliche faticano a costruire buoni progetti sui quali possono intervenire le ESCO? Proviamo qui ad analizzare il nodo principale, e dunque l’analisi e la gestione del rischio, a partire dal progetto per giungere alla gestione dei servizi energetici. O meglio ancora, cerchiamo di costruire la filiera dei rischi per individuare i soggetti che si assumono l’onere di tali rischi e che dunque devono vedersi riconosciuto il giusto premio. Sono i clienti finali, ovvero le amministrazioni pubbliche, che pretendono contratti a risparmio garantito senza fornire giuste garanzie per la riscossione dei canoni, per non violare il patto di stabilità? E’ la banca europea degli investimenti che sull’erogazione dei fondi messi a disposizione pretende l’intermediazione bancaria tradizionale e dunque la segnalazione alla centrale rischi delle somme erogate all’operatore che opera in regime di concessione? O è l’istituto bancario che eroga il finanziamento gestendo il proprio rischio semplicemente aggravando di un pesante spread il lavoro di approvvigionamento delle risorse? Insomma, si discute di project finance e di project bond, ma non si comprende se il rischio deve continuare a stare solo in capo all’operatore industriale che realizza le opere in regime di concessione, oppure si costruisce un processo di sviluppo dei progetti che consenta una più equa ripartizione di oneri ed onori.
Occorre dunque chiedersi se è giusto concentrarsi solo sulla questione dell’approvvigionamento delle risorse, oppure anche sulla individuazione di capitali di rischio veri e propri. In questo senso è giusto porsi il problema dell’incentivazione di fondi di investimento che abbiano la capacità di entrare nel capitale delle ESCO e dunque di condividerne le politiche industriali, collaborando a rafforzarne anche le capacità di analisi e gestione sia tecnica che finanziaria delle operazioni di investimento in regime di concessione dagli enti pubblici. In quest’ottica pertanto è giusto verificare la possibilità che l’ipotizzato fondo di investimento che gestirà il patrimonio delle utility degli enti locali possa assumere un ruolo importante nella creazione di capitale di compartecipazione, operando sia in singoli progetti che in capitali di impresa veri e propri.
A | FASE DI PROGETTO |
A.1. | Rischio analisi comportamenti utenza |
A.2. | Rischio analisi bollettazione storica |
A.3. | Rischio standardizzazione gradi giorno |
A.4. | Rischio errore progettuale (stima risparmi) |
A.5. | Rischio previsione attualizzazione costi |
B. | FASE ATTUAZIONE INTERVENTO |
B.1. | Rischio tempi di esecuzione (avvio stagione invernale) |
B.2. | Rischio subfornitori |
B.3. | Rischio imprevisti |
B.4. | Rischio sicurezza e pratiche presso Enti |
C. | RISCHIO GESTIONE |
C.1. | Rischio incasso canone |
C.2. | Rischio costi manutenzione |
C.3. | Rischio gradi giorno |
C.4. | Rischio finanziario |