RIQUALIFICAZIONE URBANA E SOSTENIBILITA’ (sintesi)
Il tema è vasto e consente uno sviluppo con approcci multidisciplinari di taglio differente, a seconda dell’esperienza professionale di chi lo tratta, delle riflessioni che argomentano il concetto di sostenibilità, considerando l’ambiente, è vero, ma nel senso più ampio, come territorio antropizzato sul quale incidono delle trasformazioni che in qualche modo possono essere analizzate e solo in parte possono essere condizionate da processi politici ed economici, scelte amministrative, campagne di sensibilizzazione eccetera, mentre per la parte prevalente, queste trasformazioni sono frutto della responsabilità individuale di ciascuno di noi, in qualità di semplice cittadino, di operatore economico o di membro di una istituzione. Il rapporto tra libertà individuale e responsabilità collettiva rappresenta lo snodo attraverso il quale progettare il futuro delle nostre città.
Dunque, per analizzare i fenomeni attuali ed operare scelte che indirizzino ad una maggiore sostenibilità dei processi di trasformazione urbana, occorre analizzare come alcuni fattori si combinano e si sviluppano, con riferimento ai processi demografici, all’economia dei luoghi, alle capacità di catalizzare reti di iniziative e mobilità, alla qualità ambientale ed in generale alla qualità della vita, al substrato sociale e culturale che in un territorio omogeneo possono alimentare il motore della trasformazione stessa.
Se dunque l’Urbanistica ha perduto in parte il carattere proprio della progettazione “assoluta” di un territorio, essendo essa oramai ridotta ad una sorta di semplice organizzazione regolamentata di territori urbani molto spesso adiacenti ad altri ambienti costruiti, interconnessi ma indipendenti, dove i centri storici non sono che punti di aggregazione all’interno di enormi superfici urbanizzate alla stregua di un indefinito campeggio diffuso, occorre pur tuttavia costruire dei nuovi modelli di sviluppo urbano che valorizzino la qualità complessiva, favorendo lo sviluppo socio economico della comunità. Sostenibilità pertanto dal punto di vista socio economico e sostenibilità da punto di vista ambientale.
Alla luce di queste premesse vorrei brevemente focalizzare il mio intervento tenendo conto di alcuni principi base, che in un momento di generale criticità come quello attuale rappresentano una griglia di valutazione a cui attenersi con scrupolo:
1) Corretta definizione dei bisogni, con una gerarchia molto accentuata tra essenzialità e superfluo. Proiezioni demografiche accurate, standard di vita sostenibili, definizione delle priorità.
2) Corretta individuazione dei costi attuali di “gestione” e “manutenzione” da riconvertire in risparmi da utilizzare ai fini dell’investimento in trasformazione.
3) Progetti integrati di trasformazione tra istituzioni, operatori economici e strutture finanziarie, in modo da ottimizzare l’efficacia della rete degli stakeholders limando i nodi e validando i relativi processi in modo da generare sistemi di garanzia complessiva sul raggiungimento degli obiettivi.
4) Sistemi di verifica dinamici dello sviluppo dei processi, in modo da adeguare in tempo reale obiettivi, azioni e risorse in funzione dell’efficacia misurata delle scelte operate.
Questi quattro principi dovrebbero essere alla base delle politiche attive territoriali, e dunque anche di processi di riqualificazione urbana che le istituzioni possono promuovere od anche solo indirizzare od autorizzare.
Vorrei dunque evidenziare alcuni temi particolari che possono essere inquadrati in questo grande capitolo della riqualificazione urbana:
– La riconversione di aree produttive dismesse;
– La riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare esistente;
– La riqualificazione delle reti di illuminazione pubblica;
– Il ciclo integrato dei rifiuti.
– La mobilità virtuale in sostituzione di quella fisica
Si tratta dunque di attività alle quali corrisponde un enorme costo di gestione, nel primo caso dei siti produttivi dismessi, in termini di sicurezza e bonifica, mentre negli altri quattro casi, di rilevante spesa annua di risorse “non rinnovabili”. Sono risorse autentiche e disponibili sulle quali costruire progetti di trasformazione attraverso piani finanziari che prevedano la concentrazione di capitali che facciano da leva finanziaria e tariffe alle quali corrispondano risparmi sui dati storici, immaginando di pianificare interventi con tempi di ritorno che oscillino tra i dieci, i venti ed i trent’anni. Tutto ciò considerando finalmente il costo dell’abitare come sommatoria complessiva di investimento e gestione integrata di tutti i servizi.
ESEMPI (….)
CONCLUSIONE
In ogni progetto di riqualificazione è necessario un capitale di equity per mantenere la tariffa accettabile in tempi ragionevoli. In molti casi l’equilibrio lo si trova attraverso incentivi che provengono dalla fiscalità generale. Quasi sempre è necessario avere incentivi per raggiungere equilibri finanziari ragionevoli. Oggi dunque la classe politica deve comprendere che il sistema degli incentivi ha la possibilità di smuovere innumerevoli capitali privati e che l’assenza o la riduzione di tali incentivi mette seriamente in discussione la possibilità di promuovere i progetti di riqualificazione urbana.
E’ giusto pertanto che la collettività, e dunque lo Stato, mantenga un sistema di incentivi?
La risposta non può che essere affermativa per una serie di ragioni, la prima delle quali è che una corretta riqualificazione urbana rappresenta un intervento strutturale sull’efficienza del “sistema paese”, in secondo luogo si sostiene l’economia in un settore virtuoso, con un effetto leva sulla mobilitazione di risorse private.
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